In Finlandia, full-immersion per combattere le fake

“La democrazia muore nell’oscurità”. Questa frase, comparsa il 22 febbraio 2017 sulla homepage del Washington Post, riassume in maniera perfetta la settimana di Erasmus + organizzata dall’ordine dei giornalisti della Liguria in Finlandia.

 

Di Tiziana Lanuti

Per smontare la narrazione dell’allora presidente Trump, il quotidiano organizzò una squadra di fact checker per controllare minuto per minuto i primi 100 giorni presidenziali. Il risultato fu che nei primi 33 avrebbe rilasciato 132 dichiarazioni non corrette, fuorvianti o apertamente false.

La Finlandia, il Paese che per il settimo anno consecutivo è risultato il più felice del mondo, secondo un rapporto promosso dalle Nazioni Unite, è anche la nazione europea dove la fiducia nei media è massima e il contrasto alle notizie false è materia di studio curricolare fin dalle scuole elementari.

In tutti gli incontri che abbiamo avuto – Ministero della Cultura, Yle Tv, la tv di stato finlandese, European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats, Mediapoli, Haaga-Helia University of Applied Sciences, Union of Journalists Finland e Otaniemi Upper secondary Schoool di Espoo – ci è stato spiegato proprio questo: si diventa cittadini consapevoli iniziando l’educazione fin dalle scuole elementari.

Ma insegnare a guardare le notizie in maniera critica non è un compito esclusivo della scuola è anche, soprattutto, dei giornalisti che sono chiamati a essere in prima linea nella lotta alle fake news, ogni giorno, nel loro lavoro.

Tutto si tiene insieme e la frase scelta dal «Washington post» racconta proprio questo: c’è una relazione fra la democrazia, un bene da preservare, l’oscurità della conoscenza che porta alla morte della democrazia e l’informazione che ha il compito di combattere l’oscurità.

In questa settimana di full immersion nel mondo dell’informazione e della lotta alle fake news finlandese, il messaggio che tutti, e dico tutti, ci hanno trasmesso è che all’alfabetizzazione mediatica concorrono i giornalisti, la scuola e le famiglie con l’obiettivo di rafforzare la capacità di contrastare le notizie false che potrebbero minare la democrazia.

E non è un caso che, dopo la felicità, anche tutto questo sia un giusto vanto della Finlandia perché qui, la vicinanza con la Russia e le sue mire espansionistiche, sono da sempre un problema che si è accentuato, a partire dal 2000 quando con l’uso massiccio di Internet, la guerra non è più solo sul campo ma è diventata più pervasiva, meno evidente: in una parola, ibrida.

E nella guerra in Ucraina sono stati usati una enorme quantità di video e foto falsi con l’IA, una nuova tecnologia che può diventare un’arma per colpire al cuore le democrazie occidentali.

Non a caso è a Helsinki la più importante agenzia europea di fact cheking, Faktabaari, dove ci hanno spiegato che mai come in questa guerra c’è stata una produzione di video falsi preparati per invadere i social, a esempio, dove i giovani sono molto presenti. Ed è qui che si sono visti gli effetti positivi della media literacy iniziata fin da piccoli: sia in questo caso che durante il Covid, per esempio, gli anticorpi contro le fake news hanno funzionato e messaggi fuorvianti, di vera e propria disinformazione, non hanno sortito alcun effetto.

A Faktabaari ci hanno spiegato quali sistemi adoperano per scoprire che un video o una foto sono dei falsi: si va dall’uso delle foto satellitari incrociate con le notizie del meteo in una data giornata e in un certo luogo, allo studio delle ombre ma anche all’osservazione della vegetazione.

Ma al netto della tecnologia, fondamentale, si parte sempre da ciò che è alla base del lavoro giornalistico: la curiosità, che vuol dire porsi delle domande davanti a una foto o a un video in modo da non dare nulla per scontato, per certo a prescindere.

Ai giornalisti è affidato il compito di “trasmettere i principi, i valori, i punti focali della media education alle nuove generazioni”, ci hanno detto alla Yle, l’equivalente della nostra Rai.

Le regole ci sono per rendere abili e non per inibire e queste sono indicate nelle linee guida del Ministero della Cultura per la media literacy e i giornalisti della Yle hanno il compito di diffonderle nelle scuole, in questo il target è dai 13 ai 16 anni, per continuare a far crescere il pensiero critico. Dalle parole poi, si passa alla pratica: gli studenti producono delle storie video che poi Yle pubblica online. Piccoli cittadini crescono imparando a comunicare i loro pensieri, a riconoscere il vero dal falso.

Da non sottovalutare è la diffusione della lettura sia dei quotidiani sia di libri. E non è un caso se la Oodi Library non è solo una biblioteca stratosferica ma è un luogo dove dai libri si passa alla vita: è una piazza dove incontrarsi e confrontarsi, è un ristorante dove fermarsi a pranzare, è dove puoi usare la macchina da cucire per creare qualcosa di nuovo o ripararti un jeans, perché nulla si butta se si può recuperare. E’ cultura, vita, amicizia.

E’ stato un viaggio di istruzione tosto: per i ritmi serrati – dalle 8,30 alle 17 -, per il numero di incontri previsto ogni giorno, per il clima, l’aprile più freddo degli ultimi 50 anni. Ma da questa esperienza sono tornata con la consapevolezza che è vero, la “felicità sta nelle piccole cose”: nei sorrisi dei funzionari e dei giornalisti che ci hanno accolti nel loro lavoro, nella semplicità dei loro modi, pur ricoprendo posizioni di prestigio, e in tante piccole attenzioni, come l’angolo delle dolcezze per una piccola pausa.

Infine, non meno importante, lo scambio umano con gli altri componenti del gruppo. Magari non c’è stato il tempo per conoscersi a fondo ma è stato bello incrociarsi e raccontarsi qualche esperienza per scoprire di aver avuto, in luoghi e momenti diversi, percorsi molto simili ed essere riusciti a mantenere intatta la voglia di imparare, la curiosità di scoprire cose e persone nuove, la passione e l’entusiasmo di mettersi in gioco. E da non sottovalutare la “compagna di stanza”: non ci siamo perse di vista in Finlandia, come richiesto da Stefania Berretta, l’anima vera di questa esperienza, e non accadrà neanche qui.

Questo viaggio non finisce al ritorno in Italia ma è un work in progress di ulteriori sfide: si parte ora a far conoscere quanto imparato ad altri giornalisti, a studenti e a insegnanti genovesi, liguri e perché no, anche toscani e piemontesi insieme ai colleghi di queste due regioni che erano con noi: stop fake news senza confini.